Le Creazioni di Eleonora
sabato 3 aprile 2010
venerdì 2 aprile 2010
Pasqua
La Pasqua cristiana è in stretta relazione con quella ebraica, chiamata Pesach e celebra essenzialmente la liberazione degli Ebrei dall'Egitto grazie a Mosè. La parola ebraica Pesach significa passare oltre, tralasciare, e deriva dal racconto della Decima Piaga, in cui l'Angelo sterminatore, o angelo della Morte, vide il sangue dell'agnello del Pesach sulle porte delle case di Israele e "passò oltre", uccidendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio primogenito del faraone. La Pasqua con il Cristianesimo ha perso il suo significato originario, venendo a connotare un "passaggio", ovvero:
- passaggio da morte a vita per Gesù Cristo;
- passaggio a vita nuova per i cristiani (in particolare per quelli che, nella Veglia Pasquale, ricevono il battesimo).
Perciò, la Pasqua cristiana è detta Pasqua di risurrezione, mentre quella ebraica è Pasqua di liberazione, dalla schiavitù d'Egitto.
Quest'ultimo significato si ricava leggendo uno dei più importanti pensatori ebraici, Filone d'Alessandria, che nel suo De specialibus legibus ci dice che la Pasqua è il ricordo ed il ringraziamento a Dio per il passaggio del Mar Rosso, ma che ha anche il significato allegorico di purificazione dell'anima. Ma la Pasqua ebraica ha anche il significato di attesa per il Messia, come ad esempio attesta il Targum Exodi, quando parla della notte di Pasqua come il ricordo delle quattro notti iscritte nel libro delle memorie: la Creazione, il Sacrificio di Isacco il Passaggio del Mar Rosso ed infine la venuta del Messia e la fine del mondo.
La Pasqua è un'importante festa cristiana che ricorda la Resurrezione di Cristo.
Dal punto di vista teologico, la Pasqua odierna racchiude in se tutto il mistero cristiano: con la Passione, Cristo si è immolato per l'uomo, liberandolo dal peccato originale e riscattando la sua natura ormai corrotta, permettendogli quindi di passare dai vizi alla virtù; con la Resurrezione ha vinto sul mondo e sulla morte, mostrando all'uomo il proprio destino, cioè la resurrezione nel Giorno Finale, ma anche il risveglio alla vera vita; infine, vi è l'attesa della Parusia, la seconda venuta, che porterà a compimento le Scritture.
I cristiani hanno trasferito i significati della Pasqua ebraica nella nuova Pasqua cristiana, seppur con significativi cambiamenti, che le hanno dato un volto nuovo. Questo è facilmente visibile, mentre è più complicato determinare quando ciò è avvenuto e le sue modalità, considerando che hanno influito numerosi fattori. Il primo di questi è sicuramente il fatto storico: Gesù è morto in croce il giorno di Pasqua, come ci dicono i Vangeli. Inoltre, questo evento era visto come la realizzazione di quanto era stato profetizzato sul Messia. Ciò è più volte ribadito nella narrazione della Passione, durante la quale i quattro evangelisti fanno continui riferimenti all'Antico Testamento, e successivamente negli altri libri del Nuovo Testamento, come nella prima lettera ai Corinzi, dove Paolo scrive:
« Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è resuscitato il terzo giorno secondo le Scritture » |
L'accento si pone dunque sull'adempimento delle Scritture, per cui i giudeo-cristiani, seppur continuando, a festeggiare la Pasqua ebraica, dovettero immediatamente spogliarla del significato di attesa messianica, per poi superare anche il ricordo dell'Esodo, per rivestirla di nuovo significato, cioè la seconda venuta di Cristo ed il ricordo della Passione e Resurrezione. Il passaggio sembra essere chiaramente avvertito già da Paolo, quando, nella prima lettera ai Corinzi, scrive: «Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, ma con azzimi di sincerità e verità». Alla Pasqua settimanale, la domenica, si aggiunse quindi anche la Pasqua annuale, il giorno più importante dell'anno, celebrato dai discepoli con la consapevolezza sempre più forte di aver istituito una festa nuova con nuovi
La Data
Anno cattolicesimo ortodossia 2000 23 aprile 30 aprile 2001 15 aprile 2002 31 marzo 5 maggio 2003 20 aprile 26 aprile 2004 11 aprile 2005 27 marzo 1 maggio 2006 16 aprile 23 aprile 2007 8 aprile 2008 23 marzo 27 aprile 2009 12 aprile 19 aprile 2010 4 aprile 2011 24 aprile 2012 8 aprile 15 aprile 2013 31 marzo 5 maggio 2014 20 aprile 2015 5 aprile 12 aprile 2016 27 marzo 1 maggio 2017 16 aprile 2018 1 aprile 8 aprile 2019 21 aprile 28 aprile 2020 12 aprile 19 aprile
La festa della Pasqua cristiana è mobile, viene fissata di anno in anno nella domenica successiva alla prima luna piena (il plenilunio) successivo all'equinozio di primavera (il 21 marzo). Questo sistema venne fissato definitivamente nel IV secolo. Nei secoli precedenti potevano esistere diversi usi locali sulla data da seguire, tutti comunque legati al calcolo della Pasqua ebraica. In particolare alcune chiese dell'Asia seguivano la tradizione di celebrare la pasqua nello stesso giorno degli ebrei, senza tenere conto della domenica, e furono pertanto detti quartodecimani. Ciò diede luogo ad una disputa, detta Pasqua quartodecimana, fra la chiesa di Roma e le chiese asiatiche.
Dunque, nella Chiesa cattolica, la data della Pasqua è compresa tra il 22 marzo ed il 25 aprile. Infatti, se proprio il 21 marzo è di luna piena, e questo giorno è sabato, sarà Pasqua il giorno dopo (22 marzo); se invece è domenica, il giorno di Pasqua sarà la domenica successiva (28 marzo). D'altro canto, se il plenilunio succede il 20 marzo, quello successivo si verificherà il 18 aprile, e se questo giorno fosse per caso una domenica occorrerebbe aspettare la domenica successiva, cioè il 25 aprile.
Una piccola parte della Chiesa ortodossa segue il calendario giuliano per tutte le feste mentre il resto ne ha presa solo la data dell'equinozio e quindi la data della Pasqua può variare dal 4 aprile all'8 maggio.
domenica 31 gennaio 2010
Le Ricette di CARNEVALE
E’ una specialità tipica del Centro- Italia (Abruzzo, Umbria, Marche, Lazio); tra l’altro, la presenza del miele indica che si tratta di una preparazione molto antica.
STRUFFOLI
La risposta del Sud alla Cicerchiata è costituita dagli Struffoli Napoletani; all’apparenza il dolce sembra identico, ma le due ricette presentano numerose differenze. Inoltre, il dolce napoletano viene guarnito con “cannulilli” e “diavulilli” colorati, quasi a voler significare
CHIACCHIERE
Questa è forse la ricetta più semplice e la più “allegra” fra quelle dei dolcidi Carnevale, ciò nonostante è quella di maggiore successo. Tanto è vero che la si ritrova in tutt’Italia, sebbene con nomi diversi: in Friuli si chiamano Grostoli, in Emilia Sfrappole, in Veneto Galani, nelle Marche Frappe, Cenci in Toscana, Chiacchiere in Campania.
CASTAGNOLE
sono adatte anche ai bambini.
TORTELLI O RAVIOLI DOLCI
Sono cuscinetti di pasta ripieni di marmellata, di frutta secca, o, come nella ricetta che segue, di ricotta.
CA
Di fattura simile ai tortelli, arriva dalla Campania il “Cauzone”, che però presenta una variante alla ricetta davvero singolare e forse un po’ PICCANTE: il pecorino.
KRAPFEN
Questa ricetta, forse la più antica, di tali dolci austriaci, proviene dal libro di gastronomia dell’ARTUSI, di cui ho una copia del fine ‘800.
Si sa che l’Artusi fa del cucinare e del mangiare una vera e propria arte, dispensando consigli raffinati e, allo stesso tempo, pratici.
ZEPPOLE
E’ un dolce che si ritrova nominato in antichi test, non solo di cucina, perfino in un “Privilegio”del Viceré di Napoli, Conte di Ripacorsa (siamo nella Napoli dell’800).
Si narra che il giorno di San Giuseppe, che si festeggia il 19 Marzo, i friggitori napoletani si esibivano pubblicamente nell’arte del friggere le Zeppole davanti alla propria bottega, disponendovi tutto l’armamentario necessario.
ZEPPOLE BIGNÈ
Per concludere l’allegro carosello sui dolci tipici del Carnevale, vorrei, dulcis in fundo, terminare con una ricetta veramente originale e, appresso, con un aneddoto che ci provengono dalla città di Napoli.
LE ZEPPOLE DI IPPOLITO CAVALCANTI
( tratto da: Il grande libro della pasticceria Napoletana)
Le “Zeppole” Di Ippolito Cavalcanti
Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza carrafa d’acqua fresca, e no bicchieredevino janco, e quanno vide ch’accommenz’a fa lle campanelle, e sta p’ascì a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje tierze de sciore fino, votanno sempe co lo laniaturo; e quanno1a pasta se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta, e la lieve mettennola ncoppa a lo tavolillo, co na sodonta d’uoglio; quanno è
LE ZEPPOLE DEL DUCA
Si era alla vigilia di S. Giuseppe del 1967, l’anno in cui era preside dell’Istituto Professionale Alberghiero di Stato di Napoli il prof. Francesco Bruniroccia, Franz per gli amici, uomo dotato di affascinante personalità. Colto, con evidente attitudine alle pubbliche relazioni, scrupoloso osservante delle regole di galateo dettate da Monsignor Della Casa, egli riversava nel suo ruolo di uomo di scuola l'impronta di tutte quelle doti naturali che facevano di lui un diploma-tico mancato. A far da specchio a queste note caratteriali c'era il temperamento brillante e sempre disponibile del prof. Bruniroccia, il quale, detto fra noi, si compiaceva a cogliere tutte le occasioni possibili per far sfoggio della sua cultura e della sua sensibilità di gentiluomo in un mondo ancora non preso d’assalto dai mass media. Appena insediato nella presidenza di quel nuovo tipo di scuola che lo vestiva a pennello per la sua particolare organizzazione e finalità, egli senti il dovere di approfondire la sua conoscenza con quell'Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino al quale la scuola era stata intitolata. Molte cose conobbe di quell’illustre gastronomo buontempone, nato nel 1787 e morto a Napoli nel l860. Credette anche di scoprire delle affinità tra il Cavalcanti e quell'abile Ministro degli Esteri - considerato il più abile tra i ministri del suo tempo (tra la fine del 700 e i primi dell'800) - che fu Carlo Maurizio Talleyrand, diplomatico pieno di spirito d'iniziativa e di risorse, il quale si avvalse della gastronomia nei molti contatti importanti e difficili della sua vita di politico. La scoperta più sensazionale che fece il preside Bruniroccia fu che, in fondo in fondo, anch'egli somigliava un po’ all’uno e un po’ all’altro dei due grandi personaggi e gastronomi in questione. Fu così che s’innamorò di Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino e decise di onorarlo, facendolo conoscere bene anche agli allievi dell'istituto a cui non poteva essere toccato - e tutti se ne dovevano convincere -nome più felice. Pertanto la scuola fu pervasa da un fervore di interessi sulla vita del personag-gio e sulla pratica dei suoi consigli a tavola e delle sue ricette, anche di quelle non del tutto ortodosse. Fu appunto quest’ultimo particolare - ahinoi un po’ troppo azzardato - che fece correre all’appassionata crociata del Bruniroccia un brutto rischio. Raccontiamo un episodio che pochi ancora, tra gli allievi e gli insegnanti di allora, ricordano. Si era, dunque, alla vigilia di San Giuseppe, in uno di quegli anni in cui al santo venivano ancora riconosciuti gli onori di una festività scolastica. Per iniziativa del preside era stata organizzata dall’istituto Alberghie-ro di Napoli e da quello di Capri, sede coordinata, una manifestazione da tenersi nella Piazzetta di Capri in quella giornata. Baldacchino al centro della piazzetta, attrezzata con un banco-bar, un banco per impasto, un grosso fornello ed un padellone: questa la scenografia che, sotto l'insegna I.P.A.S., doveva consentire agli allievi barman ed a quelli del corso di cucina di offrire ai turisti ed ai cittadini di Capri, in quella tiepida giornata primaverile e in una pubblica esercitazione, cocktails e zeppole di S. Giuseppe. Queste ultime preparate ovviamente nella più fedele osservanza della ricetta di Ippolito Cavalcanti. Tutto era stato dovutamente propagan-dato e inviti ufficiali erano giunti sui tavoli di sindaci e assessori nonché sulle scrivanie dei direttori degli alberghi capresi, con preghiera di divulgare la notizia della manifestazione ai loro clienti. Così che, quando gli allievi furono già al loro posto di... combattimento (è proprio il caso di dirlo), la Piazzetta di Capri era già gremita di una variegata folla divertita e incurio-sita dall’originale atto di promozione turistica. Ci furono gustosi e ben guarniti cocktails per tutti e poi... zeppole ancora fumanti distribuite da altri allievi di sala e bar in perfetta divisa di commis. La distribuzione aveva soddisfatto appena La metà degli intervenuti quando cominciò, come una furiosa grandinata a ciel sereno, un primo lancio di zeppole contro il palco sul quale era il presidente Bruniroccia con i professori istruttori e gli allievi indaffarati nell’operazione di quelle ormai definite “le zeppole del Duca”. Bastò il primo lancio per far giungere in breve tempo sui malcapitati rappresentanti dell'I.P.A:S. di Napoli e di Capri una vera gragnola di palline dure come sassi tanto da farli correre verso i più immediati e sicuri ripari. Ma... quelli che a prima prova d’urto sembravano sassi non erano altro che le famose zeppole preparate con fedeltà certosina secondo lei ricetta di Ippolito Cavalcanti Duca di Buonvicino. Così come aveva voluto il preside Franz Bruniroccia il quale, inspiegabilmente esultante ed eroicamente esposto ai tiri dolenti, cominciò ad arringare la folla. Sapeva d'aver vinto. Nella dimostrazione data egli non voleva soddisfare il gusto dei palati di oggi, bensì intendeva portare a conoscenza il fine per cui Cavalcanti aveva ideato la ricetta. La pasta doveva risultare dura per berci sopra l'ultimo bicchiere di buon vino da dessert e le zeppole per essere perfette dovevano assorbire, in proporzioni tanto vino quanto era la loro quantità ingerita alla fine di un pasto o di un festeggiamento. Nonostante il simpatico tafferuglio, il preside riuscì a spiegare tutto questo alla folla attenta dei forestieri e dei capresi. La sue forbita disquisizione sul Cavalcanti fu quanto mai ampia e sottile e dette tempo al bravo chef Salvatore De Biase ed ai suoi allievi di riprendere a friggere le zeppole, ma questa volta, di quelle che noi conosciamo e apprezziamo per la lor deliziosa morbidezza. Partirono dal palco, riassestato in breve tempo, grandi vassoi di vere, fragranti zeppole di San Giuseppe, abbondantemente spolverate di zucchero. Scrosciarono gli applausi. Lo spirito culturale della manifestazione era stato colto in pieno e Bruniroccia vide, appagato, che la sue opera era stata coronata da successo.
martedì 26 gennaio 2010
lunedì 25 gennaio 2010
Mettete il vostro disegno sotto la pellicola trasparente o una lastra di vetro e verniciate i profili usando direttamente la bottiglietta di colore. | |
Dopo circa 1-2 ore i profili saranno asciutti al tatto e potranno essere verniciati all'interno sempre usando direttamente la bottiglietta del colore. | |
Passate 24 ore potrete finalmente staccare l'immagine che avete creato dalla pellicola (o dal vetro) ed attaccarla in qualche altro punto (per esempio una finestra). Questa operazione potrà essere effettuata parecchie altre volte. |